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“Mi sono laureato in giurisprudenza, sono diventato avvocato e poi ho deciso che i diritti li avrei difesi in un altro modo, più congeniale alla mia vocazione, alla mia passione, al mio impegno civile: non in un’aula di tribunale ma su un palcoscenico”.
Dall’aula di giustizia al palcoscenico
Il teatro lo aveva già “studiato” ma nel 2013, quando è diventato avvocato e si è specializzato con un master in protezione dei diritti umani, Alessandro Ienzi, 35 anni, palermitano, non avrebbe mai pensato che questa strada lo avrebbe portato così lontano, a collaborare con istituzioni come il Consiglio d’Europa e la European Youth Foundation e a calcare i palcoscenici di tutto il mondo, dalla Spagna alla Francia, dal Belgio agli Stati Uniti da dove è appena tornato con l’ennesimo premio in mano. Giusto il tempo di dedicarsi a un progetto che gli sta particolarmente a cuore, quello di una vera e propria scuola a Palermo, nella sua città, del teatro per la democrazia. Questo è Raizes Teatro.
Le piattaforme e i luoghi di espressione
“Far incontrare la democrazia con la creatività, immaginare nuove prospettive e nuove possibilità. Persone provenienti da tutto il mondo creeranno campagne, performance, videoarte e riprese sui diritti fondamentali”. Così Ienzi spiega le varie piattaforme espressive scelte dagli attori della sua compagnia capaci di esibirsi in diverse lingue in teatro come in una piazza, in un consesso istituzionale o in una galleria, con un monologo in teatro o con un video artistico o uno short film o una mostra fotografica o con la danza.
La compagnia: Raizes
“Il nome della nostra compagnia Raizes – spiega Alessandro Ienzi – significa radici in portoghese. Abbiamo scelto questo nome perché lavoriamo sul radicamento culturale, sulla ricerca dell’identità familiare. La compagnia ha attori di tante nazionalità e due sedi a Palermo e Barcellona in Spagna dove c’è un gran movimento sui diritti civili. Siamo nomadi, attingiamo a storie ed esperienze diverse per nutrire i nostri contenuti”.
Dalla storia di Patrick Zaki, simbolo della libertà di espressione negata, alla parità di genere, dai diritti Lgbt a quelli dei disabili spesso abbandonati dalle famiglie e dalle istituzioni e costretti a vedere il mondo dalla visuale ristretta della finestra della loro stanza. ” Il mio impegno – spiega Ienzi – è creare una compagnia figlia del nostro mondo europeo. Molti dei nostri attori sono della generazione delle Torri gemelle, io appartengo a quella del Muro di Berlino, loro sono cresciuti nell’epoca della massima sicurezza, io in quella della rottura degli argini. Da questo confronto continuo viene fuori tanto. In questo momento, alla scuola di teatro, stiamo lavorando sull’Antigone. E, pensateci bene, basta chiedersi: il cadavere di chi è ? Potrebbe essere quello di un omosessuale, di una donna, di un disabile. Cambi le parole ma il testo continua a funzionare, cambiano i contesti ma le dinamiche umane sono rimaste intatte. Quello che raccontiamo è il punto di vista sulla libertà e sull’identità di ciascuno”.