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di Paola Rinaldi
Anche i vasi sanguigni possono infiammarsi, come qualunque altra parte del corpo. Quando accade, si parla di vasculite, che può verificarsi quando il sistema immunitario attacca erroneamente i vasi sanguigni oppure a causa di un’infezione, di un farmaco o di qualunque malattia.
«Le vasculiti sono un gruppo ampio ed eterogeneo di patologie multifattoriali, che possono provocare la formazione di ostruzioni vascolari, limitando di conseguenza l’afflusso di sangue ossigenato a organi e tessuti», spiega il professor Dario Roccatello, direttore del Centro Universitario di eccellenza per le malattie nefrologiche, reumatologiche e rare dell’Università di Torino e del Centro di coordinamento interregionale Rete delle Malattie Rare del Piemonte e della Valle d’Aosta presso l’Ospedale HUB S. Giovanni Bosco di Torino. «Parliamo di vasculiti, al plurale, perché non ne esiste un’unica forma: queste malattie, infatti, si distinguono a seconda delle dimensioni del vaso infiammato, della patogenesi, della distribuzione mono o poli-organica e dell’inclusione in un disordine complesso».
Che cosa sono le vasculiti
Queste infiammazioni possono colpire i piccoli vasi sanguigni (arteriole, capillari e venule) e le arterie di medio o grosso calibro, con sintomi che possono essere estremamente variabili, anche se i più comuni sono febbre, malessere generale, calo ponderale e dolori articolari.
Si definiscono “secondarie” le vasculiti che si associano ad altre malattie e ne rappresentano una complicanza (come può accadere nell’artrite reumatoide oppure nel lupus eritematoso sistemico), mentre negli altri casi si parla di vasculiti “primitive”.
«Fra quelle che interessano i grossi vasi ci sono l’arterite a cellule giganti, più tipica dell’anziano, e l’arterite di Takayasu, che compare fino ai 50 anni, mentre le arterie di calibro medio possono essere colpite dalla panarterite nodosa e dalla malattia di Kawasaki, caratteristica dei bambini. A infiammare i piccoli vasi, invece, sono le vasculiti cosiddette ANCA-associate, le vasculiti in corso di crioglobulinemia e le vasculiti da immunocomplessi», racconta il professor Roccatello. «A queste si aggiungono le vasculiti di singoli organi, come l’angioite leucocitoclastica cutanea, l’arterite cutanea e l’arterite del sistema nervoso centrale».
Quante persone vengono colpite dalle vasculiti
Si tratta di malattie rare, con una prevalenza inferiore a un caso su 2.000 persone. «A titolo di esempio, nel Registro Interregionale delle Malattie Rare del Piemonte e della Valle d’Aosta, dal 2005 al giugno 2022 sono stati segnalati 2.122 casi di patologia afferente al gruppo delle vasculiti, con una media annua di circa 130 casi», riferisce l’esperto. «Come altre malattie immuno-mediate, le vasculiti colpiscono in misura maggiore la popolazione femminile, nel 60 per cento dei casi, e la quasi totalità riguarda persone in età adulta», precisa il professor Roccatello.
Quali sintomi devono insospettire
Febbricole persistenti e apparentemente non correlate a infezioni, porpora (macchie di dimensioni variabili della pelle, simili a piccoli ematomi) in assenza di alterazioni piastriniche o disturbi della coagulazione, dolori alla masticazione o artralgie di mani e piedi a carattere migrante suggeriscono la necessità di un approfondimento.
«Non vanno sottovalutati neppure altri sintomi, come tracce ematiche di colore rosso vivo nell’espettorato, perdita di vista improvvisa, infiammazioni della parte bianca dell’occhio, ostruzione del canale nasolacrimale, sinusiti croniche, otiti medie resistenti ai trattamenti antibiotici e neuropatie periferiche con i caratteri della mononeurite multipla, dunque con alterazioni in punti diversi di più nervi periferici in aree separate del corpo, soprattutto se in presenza di anomalie urinarie», aggiunge l’esperto.
Come si diagnosticano le vasculiti
Per arrivare alla diagnosi, è necessaria innanzitutto un’accurata anamnesi, che può stabilire, ad esempio, se il paziente ha assunto recentemente dei farmaci che possono indurre una vasculite da ipersensibilità, se ha una storia di epatite B (associata alla poliarterite nodosa), di epatite C (associata alla vasculite crioglobulinemica) o di fenomeno di Raynaud (una particolare reazione vasomotoria delle dita in seguito all’esposizione al freddo).
Va affiancato un esame fisico attento, inteso a individuare segni sospetti (come il naso “a sella”, la sporgenza dei bulbi oculari in assenza di ipertiroidismo, la porpora o la cosiddetta “livedo reticularis”, un particolare aspetto marmoriforme della cute). E vanno eseguite alcune indagini di base (VES, PCR, emocromo completo, esame delle urine, elettroforesi delle sieroproteine, C3, C4, creatinina, AST, ALT, ferritina,) che possono orientare lo specialista verso una forma infiammatoria sistemica, mentre la positività di esami autoimmunitari specifici per rilevare la presenza di alcuni autoanticorpi nel sangue (come ANCA, fattore reumatoide, anticorpi anti-nucleo o anti-antigeni nucleari estraibili) può consentire un approfondimento della diagnosi.
«In alcuni tipi di vasculite rivestono molta importanza gli ANCA, anticorpi diretti contro alcuni antigeni citoplasmatici dei neutrofili e dei monociti: parliamo, in particolare, della granulomatosi di Wegener, della granulomatosi eosinofila con poliangioite e della poliangite microscopica», elenca l’esperto. «Utili possono essere anche degli studi elettrofisiologici del sistema nervoso periferico e indagini di imaging, inclusi ecografia, ecocolordoppler, TAC, risonanza magnetica e PET».
Come si curano le vasculiti
Alcune vasculiti determinano un danno “limitato”, non troppo diffuso e senza l’impegno di organi o sistemi vitali, come cuore, reni, apparato gastrointestinale e sistema nervoso centrale. «Di volta in volta, è fondamentale identificare l’aggressività della malattia per instaurare una terapia precoce ed efficace, che può includere corticosteroidi, immunosoppressori e nuovi farmaci biotecnologici».
Ovviamente, se la vasculite ha interessato un organo vitale, la terapia dovrà essere più aggressiva rispetto a una forma che coinvolge un organo non vitale, come la cute. La grande novità riguarda le vasculiti ANCA-associate, che un tempo potevano essere trattate unicamente con il cortisone oppure con la ciclofosfamide, un immunodepressore utilizzato (a dosi differenti) anche nella terapia di molte neoplasie e che può avere pesanti effetti collaterali, come infezioni, tumori vescicali, linfomi e infertilità. Oggi, invece, si ricorre a un farmaco biologico (il rituximab, un anticorpo monoclonale anti-CD20), che ha dimostrato di avere un’efficacia perfino superiore alla ciclofosfamide nell’indurre la remissione della patologia nelle forme più severe e recidivanti. «Tra gli altri farmaci biotecnologici entrati nel comune armamentario dell’immunologo e del reumatologo c’è il tocilizumab nell’arterite a cellule giganti, la vasculite primitiva di gran lunga più frequente».
Quali sono le possibili complicanze
«Se non adeguatamente trattate, le forme gravi di vasculite possono condurre alla perdita permanente della funzionalità d’organo, come cecità, insufficienza renale, insufficienza respiratoria o danni irreversibili all’innervazione periferica, ma anche morte», conclude l’esperto. «Non a caso, prima dell’avvento della terapia steroidea e soprattutto immunosoppressiva, la sopravvivenza per molte vasculiti era comparabile a quella oncologica non trattata».
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