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Vera, paziente oncologica e l’appuntamento per il controllo: il 27 febbraio 2026. “Non è colpa dei medici ma di un sistema di sanità pubblica che non funziona”

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Vera è una genovese di 45 anni ed è, anche amministrativamente, una paziente oncologica. Qualche anno fa ha avuto un tumore al seno e un anno fa un melanoma. Per fortuna ora sta bene ma è un benessere che contempla tutta una serie di esami ed analisi che rientrano in quella che viene comunemente chiamata la prevenzione.

Capirete quindi il suo amaro stupore quando, pochi giorni fa, al telefono con il Cup si è sentita dire che la sua visita di controllo alla clinica dermatologica era stata fissata al 27 febbraio del 2026.

«Devo dire che la stessa operatrice telefonica era imbarazzata – racconta Vera – ed in effetti è proprio così: non è sua la responsabilità, così come non è dei medici dei vari reparti, è davvero quello che si dice un sistema che non va».

Quella di Vera è la storia di tantissimi liguri che credono nella sanità pubblica anche se la sanità pubblica non sembra credere in loro, a meno che non si voglia, sempre che si possa, ricorrere alla sanità privata.

Ed è una frattura che si fa ancora più profonda e dolorosa quando in ballo ci sono patologie che possono fare la differenza tra vivere e morire.

L’anomalia, positiva, in questa situazione è rappresentata dall’inventiva, diciamo così, di quei medici che suppliscono alle carenze del sistema allargando le maglie del servizio, inserendo appuntamenti in calendari già prestabiliti. Ma sono “tapulli”, pezze frutto delle singole volontà e non, appunto, sistematiche.

Vera ci spiega come funziona o non funziona il sistema: «Il protocollo di follow-up per i pazienti oncologici con un pregresso melanoma prevede due visite l’anno, con la cadenza quindi semestrale, posto che non si riscontrino problemi ulteriori come accaduto a me lo scorso anno. Normalmente mi vengono rilasciate le due richieste da prenotare autonomamente presso il CUP».E finché siamo alla teoria tutto funziona. Ma poi: «Quando in questi giorni sono andata alla visita di controllo ho fatto presente che il prossimo appuntamento mi è stato fissato a febbraio del 2026. I medici allora mi fissato due appuntamenti semestrali inserendomi in una loro agenda interna, presumo per le urgenze. Però mi è stato detto di non cancellare quella prenotazione ma di tenerla stretta e di provare a spostarla ad aprile 2026, in modo da rispettare la cadenza semestrale. Però è un meccanismo che non si basa su regole precise ma di buona volontà e disponibilità dei medici. Senza contare che io devo combinare la prevenzione per il melanoma con quella fatta di visite ed esami per il tumore al seno. E devo trattare con due strutture diverse, spesso con spostamenti e appuntamenti nelle stesse strutture ospedaliere ma in giorni differenti, perché non c’è un’organizzazione che preveda di accorpare esami e terapie in odo da semplificare la vita del paziente ma anche quella degli operatori».

E poi, anche se c’è la buona volontà pubblica, spesso bisogna rivolgersi al privato.«Io, come molti altri pazienti, devo sottopormi alle visite oncologiche e prenotare autonomamente la diagnostica, come ecografie, esami di laboratorio, eventuali Risonanze magnetiche, necessarie alle visite successive. Ma se a ridosso della visita non ho l’esame richiesto non posso rischiare di perdermi un appuntamento prenotato magari mesi prima. Così, più volte, pur essendo esente per patologia e invalida al 75%, ho dovuto rivolgermi al privato per non andare alla visita senza gli opportuni accertamenti clinici».

In conclusione: «E’ un sistema che oltre allo stress legato al timore della malattia, complica terribilmente la vita dei pazienti che devono provare a far combaciare tutta una serie di scadenze con la loro vita lavorativa, i loro strumenti culturali e, spesso, con le loro disponibilità economiche».

 

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