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Vergogna a Lampedusa, duemila migranti ammassati tra i rifiuti

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I giovani medici che cercano di visitare almeno i bambini appena sbarcati schiacciano blatte a raffica. Fuori, a contendersi la rara ombra degli alberi, centinaia di persone cercano di riposare su distese di materassi gettati per terra. Erano rifiuti speciali, pieni di acari della scabbia in attesa di essere smaltiti. Ma qui, all’hotpost di Lampedusa, da giorni nessuno raccoglie i rifiuti. E persino i lavabi dei bagni, ormai divelti, e i lavandini della cucina sono sommersi di bottiglie di plastica, di scarpe impossibili anche per questi piedi sopravvissuti al deserto, di resti di coperte termiche usati per ripararsi dal caldo di giorno e per coprire i bambini che dormono all’addiaccio la notte.

La denuncia dell’ex sindaca

«Potrebbero essere foto della Libia. Ma no, è Italia», scrive l’ex sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini, che rilancia sui social la vergogna di un centro di accoglienza misteriosamente mai ristrutturato dopo gli incendi che, ormai molti anni fa, hanno distrutto parte dei padiglioni riducendo la capienza a un massimo di 300 posti. Ma ieri, come nei giorni scorsi e come capiterà nelle prossime settimane, di migranti ce n’erano più di 1.800. Tutti insieme, donne, uomini e bambini, vulnerabili, feriti, vittime di tratta, costretti in una promiscuità indecente, accucciati a dormire dove mangiano, su materassi sporchi di urina, tra i rifiuti che marciscono al caldo. Senza acqua per giorni, senza potersi lavare né cambiare, senza neanche qualcuno che gli spiega cosa fare o come chiedere asilo visto che i contratti dei mediatori culturali sono scaduti e poliziotti, assistenti sociali, medici, non sanno come parlare con questa gente. Che, sopravvissuta alla traversata, non avrebbe mai pensato di trovare in Italia condizioni igienico-sanitarie simili alla Libia.

Oggi al via i primi trasferimenti

 Questione di numeri, certo: 1.800 persone per un centro che potrebbe ospitarne 300 sono difficili da gestire. E il Viminale ha garantito che già oggi ne porterà via 600 con la nave San Marco della Marina militare mentre altrettanti dovrebbero essere trasferiti sulla terraferma domani con altri navi della Guardia di finanza e della guardia costiera in arrivo.  Ma il problema non sono i numeri degli sbarchi perché i 30.000 arrivi di quest’anno non costituiscono affatto un’emergenza. Il problema semmai è la gestione del centro affidata da marzo a una cooperativa (Badia grande) finita più volte in inchieste della magistratura, che di certo risparmia su addetti e forniture. E il problema è semmai il fatto che Lampedusa, ancora una volta, è lasciata sola a gestire un’accoglienza che dovrebbe durare 48 ore e invece si protrae per mesi.

L’Oim: manca il soccorso in alto mare

«Sull’isola — dice Flavio Di Giacomo dell’Oim — arriva con sbarchi autonomi il 40% del flusso migratorio. Se nel Mediterraneo ci fosse un sistema di pattugliamento o se si lasciassero lavorare bene le ong, i barconi potrebbero essere soccorsi in alto mare e le persone smistate nei diversi porti siciliani invece di fare di Lampedusa un imbuto». L’anno scorso, ad alleggerire l’isola c’erano le navi-quarantena ora ritirate finita l’emergenza Covid. Il neosindaco Filippo Mannino chiede al Viminale: «Ridateci almeno quelle».
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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