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Verona, i filmati dell’orrore: gli arrestati svenivano e i poliziotti violenti scherzavano su Cucchi

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C’erano notti in cui nell’acquario della questura di Verona si sospendeva lo Stato di diritto e l’umanità diventava un optional. Si rideva durante i pestaggi, si insultavano i raccattati per strada, si evocava col sorriso un fattaccio di cronaca che, per chiunque indossi una divisa, dovrebbe far rabbrividire: la morte di Stefano Cucchi. Le immagini che pubblichiamo sono fotogrammi dei filmati della telecamera di sorveglianza puntata sulla Sala fermati del reparto Volanti, così come sono riportati nelle carte dell’indagine. E documentano il sistematico abuso di autorità del gruppo di 26 agenti indagati (5 sono ai domiciliari) dalla procura di Verona. Sono frammenti di violenze, principi di tortura, lampi della sistematica umiliazione inflitta, a piacere, agli ultimi della città: tossici, migranti, senzatetto.

Verona, i filmati incriminanti: il fermato “usato come uno straccio”

Ecco la sequenza di immagini che vede un poliziotto delle Volanti di Verona mentre costringe un fermato, al quale Migliore aveva appena spruzzato spray urticante negli occhi, a fare pipì nella cella, per poi usarlo come straccio per pulire per terra.

Il paragone

Nell’arco dei nove mesi dell’inchiesta chiusa a marzo, gli investigatori segnalano un episodio in apparenza minore. Accade la notte tra il 3 e il 4 novembre 2022. Un uomo di 36 anni. Alessandro Sacchetti, con diversi precedenti di polizia e problemi psichiatrici, viene condotto nell’acquario “in evidente stato catatonico”. Aveva aggredito alcuni operatori del Pronto soccorso, probabilmente era stato sedato. Nell’ufficio a quell’ora ci sono cinque agenti, uno dei quali è l’assistente capo Loris Colpini, ora ai domiciliari. Sacchetti cammina in tondo, poi si accascia a terra nell’acquario. Prima seduto, poi sdraiato. Uno degli agenti si alza, va a vedere. “Tutto a posto, respira”. Sacchetti è praticamente privo di sensi, ricostruisce la Polizia in 15 pagine di informativa. Alle 23.29 arriva l’assistente capo Michele Tubaldo (indagato), vede Sacchetti attraverso il plexiglas e, “con tono ironico”, dice ai colleghi che non lo devono trattare come un cane. “Guarda di nuovo all’interno del divisorio e dice Cucchi”, annotano gli investigatori. “Poi con tono scherzoso aggiunge, ripetendolo più volte, che è morto”. Dopo venti minuti entra il sovrintendente capo. “Con Tubaldo si dicono se (Sacchetti, ndr) è vivo o morto e fanno riferimenti ancora a Cucchi”. Si passano le consegne per il cambio turno. Solo a mezzanotte nell’acquario entrano dei medici. Un’ora dopo dal momento in cui l’uomo si era accasciato.

Verona, la sequenza della vergogna: lo spray urticante negli occhi

La sequenza che dimostra l’uso dello spray al peperoncino nei confronti di Daju Nicolae, cittadino rumeno fermato durante un controllo per strada. L’agente Alessandro Migliore gli spruzza uno spray al peperoncino in faccia e poi nella sequenza successiva lo obbliga a fare la pipì nella stanza

La poliziotta dello spray

Delle violenze dell’agente Alessandro Migliore, della sue risate con la fidanzata Nicole mentre le faceva la telecronaca di come aveva gonfiato un fermato fino a fargli perdere i sensi, del tenore captato dalle microspie delle scorribande notturne che cominciavano e finivano con l’aggressione di qualche malcapitato (“maledetto marocchino di merda”, “com’è che Roberto non l’ha ammazzato?”, “sì che l’ha ammazzato!”, “lo buttiamo là, nella casa abbandonata, prende una scarpata nei coglioni”, “mi raccomando, quelle che non gli hai dato prima dagliele dopo”, “io adesso ho imparato a dare le cinquine più piano”) si è detto.

Dalle nuove carte d’indagine depositate dal gip, però, emerge il ruolo di una poliziotta che, pur non partecipando ai pestaggi nell’acquario e nel corridoio adiacente, pare ossessionata dallo spray al peperoncino in dotazione alle forze dell’ordine. “Giuro che ti spruzzo adesso”, grida al marocchino Amir Tororo, che attraverso il plexiglas mostra i genitali. È il 9 novembre. Le cimici la sentono dire: “Accompagnatelo a pisciare e dategli una bella spruzzata!”, “Dai raga, vi prego, un’altra spruzzata…”, “tagliatelo se ti fa male, il cazzo”, “io lo abbandonerei lì e gli darei quattro calci, lo lascerei steso pieno di spray”. Di fronte a questa scena, una sua collega “si sta spaccando dalle risate”.

2. Il poliziotto entra e lo colpisce. Lo butta per terra 

I pizzini in Questura

A metà novembre nel reparto Volanti si sparge la voce che c’è un’inchiesta in corso. I primi sospetti quando due colleghi della Squadra Mobile vengono visti analizzare dei filmati interni. Parte quindi la caccia alla microspia. “Il sovrintendente S. consiglia ai colleghi di fare domanda di trasferimento ad altri uffici…” e informa i colleghi di limitare al massimo messaggi, chiamate e whatsapp. “Potrebbero esserci delle telecamere installate nel reparto”. L’avvertimento è preso talmente sul serio che alle Volanti si mettono a comunicare tra loro con foglietti scritti che poi buttano nel cestino. Su uno di questi pizzini c’era scritta solo una parola con la penna rossa, “Panico”, come il cognome di uno dei vice-ispettori della Digos.

3. L’agente lo spinge sulla sua pipì 

“La capa sapeva tutto”

Infine, ma non per ultimo: ma davvero mai nessuno si è accorto di tutto questo? In Procura parlano di “gravi negligenze” ma che non sono emerse complicità da parte dei dirigenti. È un fatto che la questora Ivana Petricca è stata frettolosamente allontanata chiuse le indagini. La vecchia capa delle volanti, Vanessa Pellegrino, invece è andata via prima dello scandalo. “L’hanno trasferita nel momento giusto”, commentano tre agenti a novembre, consci della tempesta che si stava per abbattere. “Secondo i tre – annota la Polizia – era a conoscenza dei problemi che coinvolgono gli operatori delle Volanti: si dimostrava eccessivamente simpatica e affidabile con tutti”.

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