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Vulvodinia: che cos’è, da cosa dipende e come si cura

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Infiammazione cronica e invalidante per molte donne e ragazze, la vulvodinia, il dolore alla vulva, è caratterizzata da bruciori e dolori all’ingresso della vagina. Ecco da cosa dipende e come si cura

È una patologia ancora poco conosciuta, perché circondata da una cortina di comprensibile imbarazzo. Si chiama vulvodinia, termine medico derivante dall’unione di due vocaboli che, in greco antico, significano “dolore alla vulva”. È infatti caratterizzata da un insieme di bruciori e sensazioni dolorose sia all’ingresso della vagina, il cosiddetto vestibolo, sia nella mucosa rosata che lo circonda (la vulva), formante le grandi e piccole labbra. A sorpresa, soffrono di vulvodinia circa il 15 per cento delle “under 40” , anche se alla visita ginecologica lo specialista non riscontra in genere segni o microlesioni visibili che potrebbero giustificare un dolore così urente. A che cosa è dovuto? E come venire a capo di un disagio intimo così invalidante?

Che cos’è la vulvodinia superficiale e quali sono i sintomi

È la forma più diffusa che interessa i genitali esterni, soprattutto la “porta d’ingresso” della vagina. Per questa ragione la vulvodinia superficiale si associa spesso alla dispareunia, cioè alla presenza di rapporti sessuali dolorosi. «Nell’80 per cento dei casi bruciori e sensazioni dolorose acute, come di punture di spilli, possono essere risvegliati anche da semplici carezze, dall’uso di slip o jeans attillati o dal sellino della bicicletta», spiega il professor Filippo Murina, responsabile del servizio di patologia del tratto genitale inferiore dell’Ospedale Vittore Buzzi di Milano.

«Questa infiammazione cronica, molto invalidante per la vita di una ragazza, può essere dovuta a microtraumi ripetuti o a infezioni vaginali ricorrenti, trascurate o mal curate. A lungo andare, queste infiammazioni recidivanti hanno causato un’ipersensibilità delle terminazioni fini del nervo pudendo, un lungo nervo che parte dalle vertebre sacrali della spina drosale. Sensibilizzate, reagiscono in modo esagerato a ogni stimolo fisico, percependolo doloroso anche quando non lo è. Si crea, quindi, uno stato di neuroinfiammazione cronica, quasi sempre associato a una contrattura dei muscoli del pavimento pelvico, che si contraggono automaticamente come inconscia difesa al dolore. Con il risultato di peggiorare il quadro dei sintomi e di rendere i rapporti sessuali ancora più dolorosi, in un circolo vizioso senza fine».

Cure sistemiche e locali

«Non esiste un’unica cura vincente per risolvere la vuldinia», prosegue il professor Filippo Murina. «Trattandosi di una patologia in cui entrano in gioco più fattori (muscolare, infiammatorio, nervoso, psicologico), l’approccio corretto è avvalersi di diversi trattamenti in contemporanea in modo da creare un’efficace sinergia.

Vengono prescritti alcuni farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale, come l’amitriptilina a dosaggio crescente. Vanno associati ad antinfiammatori specifici per desensibilizzare le terminazioni nervose, come l’acido alfa-lipoico. Se la crisi dolorosa è molto intensa, innescata magari da un rapporto o da una seduta di spinning, si può ricorrere al tramadolo, potente antidolorifico captato dai recettori degli oppioidi, mentre le mucose infiammate possono trovare sollievo spalmando una pomata a base di lidocaina, un anestetico locale. Per allentare la contrattura dei muscoli del pavimento pelvico, invece, è utile assumere una molecola farmacologica dall’azione miorilassante, tipo diazepam».

Per ottenere buoni risultati in tempi brevi, ai farmaci va sempre associata la riabilitazione fisioterapica. Prevede sia degli esercizi specifici per distendere i muscoli vaginali e perineali, sia delle sedute di elettrostimolazione, cioè microcorrenti indolori emesse da una sonda vaginale che hanno proprio lo scopo di desensibilizzare l’area iperreattiva. Lo speciale ciclo di “ginnastica intima” risulta più efficace se guidato dal biofeedback, il metodo di rieducazione funzionale che insegna a rilassare i muscoli grazie a una serie di segnali acustici e visivi. Se si integrano queste metodiche, previste dal SSN, è possibile dare scacco macco alla vulvodinia in poche settimane.

La vulvodinia profonda

Quando il dolore non interessa solo gli esterni della vagina ma anche la parte interna e più profonda, è necessario fare un’ecografia transvaginale. «Serve ad escludere o a confermare il sospetto di endometriosi, la proliferazione dell’endometrio (il rivestimento interno dell’utero) al di fuori delle sue sedi, che arriva a invadere tube, ovaie, membrana peritoneale e, a volte, persino l’intestino», avverte Murina.

«In altri casi, la “colpa” è di interventi chirurgici all’addome o all’apparato ginecologico che hanno creato delle dolorose aderenze cicatriziali. In questo casi, occorre affrontare il problema a 360° gradi. Valutare con opportuni accertamenti il grado di endometriosi, prescrivendo le terapie ormonali tese ad alleviare i disturbi, o la presenza di cicatrici interne che possono essere anche rimosse chirurgicamente, se danno molto fastidio.

Infine, in rari casi, la vulvodinia profonda può essere dovuta al cosiddetto Dolore Pelvico Cronico, una condizione invalidante perché interessa la vagina, le pelvi (senso di pesantezza e di dolore cronico al pube) e tutta la parte inferiore dell’addome. Venire a capo del problema non è sempre facile. A volte, il dolore pelvico cronico è associata alla sindrome del colon irritabile, altre volte alla cistite interstiziale, una specie di “sindrome della vescica dolorosa” dovuta a infezioni urinarie ricorrenti che provocano dolore alla minzione e infiammazione di tutto il tratto genito-urinario. In questo caso, prima di trattare la vulvodinia occorre curare i disturbi a monte, ricorrendo alla dieta e a cicli di probiotici (nel caso del colon irritabile) oppure agli antibiotici, se persiste un’infezione che ha attivato il circuito del dolore. Solo in un secondo tempo, si prescrivono gli stessi farmaci utilizzati per la vulvodinia superficiale (amitriptilina, tramadolo, acido alfa- lipoico, lidocaina e diazepam) e alcune sedute di elettrostimolazione, eseguite con una sonda endovaginale, per desensibilizzare la mucosa interna, molto innervata, e “stordire” le terminazioni nervose».

A chi rivolgersi

Cerchi un bravo ginecologo o ginecologa in grado di farsi carico del tuo problema? C’è il sito dell’Associazione Italiana Vulvodinia (la Onlus creata per aiutare tutte le donne affette da questo disturbo) potrai trovare la cartina dell’Italia, divisa in regioni, con un centro o un referente medico specializzato nel trattamento di questa patologia misconosciuta. Inoltre, l’Associazione promuove tante iniziative di sensibilizzazione sul problema, molto spesso sottodiagnosticato, e sostiene la ricerca, al fine di avere a disposizione sempre più armi a fianco delle donne che desiderano fare pace con la propria sfera intima. E ritrovare il piacere di avere rapporti sessuali “spensierati”.

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Tag: dispareunia, endometriosi, pavimento pelvico, vulvodinia.

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